QUARTO INCONTRO
La Liturgia e i sacramenti: La celebrazione sacramentale del Mistero Pasquale
1. Liturgia celeste e liturgia terrena
Come abbiamo detto la Liturgia è l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù; è il dono eterno che il Figlio fa di se al Padre nello Spirito Santo. L’ “atto” terreno che in modo più perfetto rappresenta questo dono è il Sacrificio della Croce che culmina con la Resurrezione ed Ascensione al cielo: esso prende il nome di Mistero Pasquale.
Il nome mistero, come abbiamo detto in precedenza, non indica qualcosa di inconoscibile in modo assoluto ma piuttosto rinvia ad una realtà umana che significa e realizza una realtà più grande e divina. Dietro il fatto storico della morte in croce di Gesù non c’è solo l’accadimento umano della morte di una persona buona che con generosità si offre per gli altri. C’è l’atto di un Dio che offre se stesso per l’uomo nella dimensione di un amore eterno e perfetto. Quell’amore ha un valore redentivo tanto che da quella morte e risurrezione deriva per noi la Salvezza. Tutto il creato è partecipe della grandezza di questo evento, come ci rammentano gli stessi Vangeli.
La Pasqua di Gesù non è come gli atri eventi storici che accadono e poi si chiudono nel passato, esso partecipa dell’eternità divina perciò abbraccia tutti i tempi ed è ad essi contemporaneo.
Asceso alla destra del Padre Gesù entra per sempre nel santuario del cielo e da li continua ad intercedere a nostro favore.
Il Capo del Corpo dunque attira tutte le membra nella lode e nell’offerta al Padre rendendoci così partecipi della Divina Liturgia.
La liturgia – lo ripetiamo dunque – non è atto umano ma atto divino a cui la nostra umanità viene sacramentalmente congiunta; cosa significa questo? Che attraverso delle azioni umane, sacramentali, cioè fatte di segni, siamo direttamente partecipi di atti soprannaturali e divini.
Vi è infatti una Liturgia celeste, ben descritta nel libro dell’Apocalisse di san Giovanni, presieduta dall’Unico ed Eterno Sacerdote, Gesù, assiso sul trono vero Agnello di Dio immolato (Ap 5,6); tutto ruota attorno a Lui, tutto in cielo è Adorazione, Grande silenzio e canto. Dice Apocalisse che lo Spirito e la Sposa dicono vieni! Ad indicare che vi è una continuità tra la Liturgia del cielo e la Liturgia sulla terra.
L’unità liturgica deriva chiaramente dal fatto che il soggetto celebrante è sempre Cristo! Il Cristo articolato nel Capo che è Il Signore Gesù glorificato unito alle membra, cioè la Comunità!
Tutti pertanto siamo partecipi della celebrazione ciascuno secondo il suo carisma, come le membra diversificate di un unico corpo.
Il modo di vivere la Liturgia è dunque quello di una autentica Partecipazione: ma non dobbiamo far semplicemente coincidere il “partecipare” con il “fare”; partecipare significa vivere, entrare cioè nel dialogo e nell’offerta che Gesù fa di se stesso al Padre. In un certo modo significa entrare nella bellezza del divino.
Da qui una importantissima conseguenza: la Liturgia deve essere bella! Non sfarzosa ma nemmeno mediocre, non approssimata ma nemmeno irrigidita e formale.
Vale la pena di riprendere un testo dell’allora Card. Ratzinger pronunciato al congresso Eucaristico di Bologna nel 1997.
«Un’antica leggenda sulle origini del cristianesimo in Russia narra che al principe Vladimiro di Kiev, che era alla ricerca della vera religione per il suo popolo, si erano presentati l’uno dopo l’altro i rappresentanti dell’islam provenienti dalla Bulgaria, i rappresentanti del giudaismo e gli inviati del Papa provenienti dalla Germania, che gli proponevano ciascuno la loro fede come quella giusta e la migliore di tutte. Il principe sarebbe però rimasto insoddisfatto di tutte queste proposte. La decisione sarebbe invece maturata quando i suoi inviati ritornarono da una solenne liturgia, alla quale avevano preso parte nella chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Pieni di entusiasmo essi avrebbero riferito al principe: “E giungemmo presso i Greci e siamo stati condotti laddove essi celebrano la liturgia per il loro Dio... Non sappiamo se siamo stati in cielo o sulla terra... abbiamo sperimentato che là Dio abita fra gli uomini...”». «Ciò che li colpì fu», aggiunge poi Ratzinger, «il mistero come tale, che proprio andando al di là della discussione fece brillare alla ragione la potenza della verità».
2. Segni e simboli
Tale bellezza viene realizzata sulla terra attraverso dei segni sensibili necessari.
La natura è il primo vocabolario dei segni; se pensiamo alla luce al fuoco al vento all’acqua… tutto ci parla di Dio e tutto contiene un valore comunicativo particolare (ad esempio l’acqua dice pulizia, freschezza, vita ecc). Non si tratta solo di elementi ma anche di gesti ed azioni (imposizione delle mani, danze canti… costituzione di spazi ed edifici sacri)
In seno al popolo di Israele si sono rafforzati alcuni significati dei segni (es acqua del diluvio, del Mar Rosso… acqua che sgorga nel deserto o nelle visioni profetiche) e se ne sono create di nuove (es olio per consacrare, sangue dell’alleanza, circoncisione, sacrifici, gesti quali l’imposizione delle mani…ecc
Gesù nel Nuovo Testamento compie anch’egli dei gesti e sceglie dei segni ai quali lega non solo un significato allusivo ma reale ed efficace.
Dopo la Pentecoste attraverso i segni Sacramentali lo Spirito Santo continua ad operare per mezzo della Chiesa la santificazione degli uomini.
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Parole ed azioni = per ritus et preces cioè attraverso gesti simbolici e parole. Tutti i segni sacramentali prevedono un agire ed un pronunciare parole salvifiche. Le parole ed i segni salvifici realizzano veramente ciò che significano. Il Segno deve essere posto in maniera vera e decorosa. Non sarebbe via di bellezza un segno approssimativo, grossolano o stucchevole… il linguaggio simbolico mal si concilia con la sciatteria e con lo stile kitsch. La liturgia richiede sempre nobile semplicità.
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Canto e Musica = presente come dimensione fondamentale dell’umano perché radicata nella sua stessa essenza; il ritmo che è elemento naturale, come pure la qualità timbrica delle voci e degli strumenti ben si presta a integrare quale segno il mondo del sacro. Nella liturgia non tutta la musica è adeguata; essa non è autonoma ma parte dal testo sacro. L’autentica musica liturgica muove dalla Parola di Dio e la approfondisce la valorizza attraverso l’uso delle potenzialità naturali degli strumenti e delle voci. Ma e sempre al servizio della Parola di Dio. Dovremmo quindi distinguere un’autentica musica liturgica, dalla musica sacra ma non adatta al contesto liturgico per poi arrivare alla semplice musica religiosa, tale per contenuto ma non idonea al contesto cultuale. Scrive il Vaticano II. La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. … La Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie. … considerando il fine della musica sacra, che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli. L'azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo. …Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le «scholae cantorum»…La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30.
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Arte Sacra = E’ lecito integrare gli atti di culto mediante l’uso delle immagini; come è noto la Scrittura contiene l’indicazione di non farsi immagine di idolo alcuno; Dio è incontenibile in una immagine terrestre; tuttavia dopo l’incarnazione, quando, come dice San Giovanni la Vita si è fatta visibile (cfr 1 Gv, 1) i nostri occhi possono rappresentare attraverso una figura umana la persona stessa di Dio, come pure Colei che veramente è Madre di Dio ecc. Non vi è alcun elemento idolatrico nel culto delle immagini sacre purchè, s’intende, esse vengano costantemente riferite alla realtà che rappresentano.
Non tutta l’arte è sacra; anche qui l’oriente ci ha consegnato la grande tradizione delle icone, nate dalla spiritualità e dalla teologia, scuole di ricerca della comunione con il divino, realizzate più come percorso spirituale ed ascetico che come creazione estetica. Nell’occidente in particolare il Tridentino chiede che l’art sacra abbia la capacità di suscitare devozione e senso spirituale. Non basta la funzionalità di un edificio, esso deve trasmetterci il senso del sacro. Basta fare qualche esperienza; entrando in molte Chiese troviamo il senso del sacro… in altre ravvisiamo poca differenza rispetto agli ambienti nei quali ordinariamente si svolge la nostra vita quotidiana.